L'AIDS solo per i poveri
90% delle persone contagiate vivono nei paesi in via di sviluppo

Di Giovanni Pellegri



Sono trascorsi 17 anni da quando la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) ha attirato l'attenzione di alcuni medici in California e a New York. Due anni più tardi i ricercatori ne scopertine/coprirono la causa: il virus dell'immunodeficienza umana (HIV). Questo virus è senza dubbio il più studiato della storia. Oggi, in soli 15 anni di ricerche, sono stati chiariti molti aspetti del ciclo vitale e le conoscenze dettagliate della sua struttura hanno permesso di sperimentare già più di venti tipi differenti di vaccini. Purtroppo nessuno di questi ha superato l'ultima fase della sperimentazione, cioè la commercializzazione. Sono stati invece ottenuti incoraggianti risultati con le terapie antivirali (triterapie), somministrate dal 1996 a persone sieropositive. La cura, che è basata su un cocktail di tre sostanze capaci di frenare la replicazione del virus, rallenta considerevolmente lo sviluppo della malattia, tanto che nei nostri paesi l'AIDS si sta trasformando, da sentenza sicura di morte in una malattia cronica controllabile. Grazie a queste nuove terapie in Svizzera, e come nella maggior parte dei paesi ricchi, i morti di AIDS registrati ogni anno sono in graduale diminuzione. Negli USA, per esempio, il numero di decessi dovuti all'AIDS è diminuito di due terzi tra il 1995 e il 1997.

Davanti ad un quadro simile si comincia a intravedere una parziale vittoria della scienza sulla malattia. Probabilmente con il tempo la scienza riuscirà a sconfiggere il virus HIV producendo un vaccino efficace o una terapia capace di bloccare l'evoluzione della malattia in modo definitivo.
Ma così come la scienza ha vinto sulla tubercolosi o il morbillo, sarà una vittoria celebrata solo dai paesi ricchi.
Nei paesi in via di sviluppo si continua a morire per tutto. A ricordacelo ci sono gli incessanti comunicati stampa dell'OMS inviati alle redazioni dei giornali e delle televisioni. Tuttavia i mass media non sempre danno spazio a questi comunicati perché sanno che non interessano più, non fanno notizia. Un esempio: lo scorso mese di dicembre l'OMS ha lanciato un allarme: nei paesi poveri la tubercolosi provoca ogni anno da due a tre milioni di decessi, più di 8'000 morti al giorno,. Se la lotta antitubercolare non sarà rafforzata da qui al 2020 si conteranno quasi un miliardo di nuove infezioni e 70 milioni di decessi!
I dati sono agghiaccianti: una strage per una malattia curabile e per la quale esiste un vaccino. Come hanno riportato la notizia i nostri tre principali quotidiani? Uno l'ha ignorata completamente, preferendo dare spazio a foto di pinguini e orsi polari. Gli altri due giornali hanno inserito la notizia affiancandola ad articoli che riportano fatti strani o curiosi. È così, che fra i vini di ottima annata, una foto di Monica Lewinski, un viaggio in mongolfiera e lo sterminio di storioni in Iran, troviamo 2,5 milioni di persone uccise nel 1998 dalla tubercolosi.
Nessun quotidiano segnala invece che nel mondo ogni anno da 5 a 10 milioni di bambini muoiono per una semplice diarrea, oppure che il morbillo uccide nei paesi in via di sviluppo ancora un milione e mezzo di bambini ogni anno. Si tratta di malattie vinte dalla scienza e lasciate ai poveri.

Il dramma dell'AIDS si inserisce in questa dinamica. Nei nostri paesi si accendono le prime speranze con i trattamenti antivirali capaci di mantenere sotto controllo l'evoluzione della malattia, nei paesi poveri l'epidemia fa strage. Nonostante il 90% dei sieropositivi appartenga a nazioni in via di sviluppo, oltre il 90% del denaro per la cura e la prevenzione dell'AIDS è speso nelle nazioni più ricche.

Nei paesi industrializzati il costo annuale della terapia anti-HIV (triterapia) per persona ammonta a circa Fr. 15'000-20'000.- In Africa ogni abitante ha a disposizione per la salute un budget annualemedio di circa Fr. 13.-. Anche se il prezzo di questi medicamenti diminuisse della metà, i soldi necessari per curare i 21 milioni di africani infettati dal virus dell'AIDS sarebbe di 180 miliardi di franchi, cioè 450 volte la somma che ogni anno è stanziata da tutti i programmi di aiuto ai Paesi in via di sviluppo per la lotta contro l'AIDS!

Il problema deve essere affrontato con dei programmi di aiuto internazionali basati sul dovere di solidarietà dei paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo. Iniziative che mirano a cancellare i debiti dei paesi in via di sviluppo o a creare dei fondi internazionali di solidarietà terapeutica, come proposto dal Ministro della sanità francese, vanno evidentemente sostenute, ma è anche importante affermare che non si potranno risolvere i problemi sanitari sostenendo solo finanziariamente i costi della salute delle nazioni povere. Difficilmente si potrebbero curare milioni di malati in un sistema sanitario carente di strutture e uomini, insufficiente per assicurare la prescrizione e la distribuzione di medicinali e il controllo regolare dei malati. È inimmaginabile pensare di applicare le regole sanitarie europee per curare i malati in Africa. Chi garantirebbe il trasporto e la conservazione dei medicinali? Chi potrebbe assicurare i trattamenti, le cure, i servizi diagnostici per 20 milioni di malati di AIDS? Inviando in Africa tonnellate di medicinali anti-HIV, gli unici a trarne profitto, esclusi pochi fortunati, sarebbero le multinazionali farmaceutiche.

Nulla di nuovo sotto il sole. La sofferenza e la miseria di milioni di persone è presente oggi come negli anni in cui ci commuovevamo per il bambino africano malato e denutrito.
Anche se nulla cambierà è importante che i media non rinuncino a comunicare la realtà con la quale si confrontano ogni giorno miliardi di persone: miseria, sofferenza, malattie, bambini abbandonati ed affamati. Non abbiamo bisogno di immagini o foto toccanti, servizi che ci fanno piangere, ma semplicemente della realtà. La solidarietà nasce su fatti reali che necessitano di risposte precise, non su sentimenti passeggeri stimolati da emissione natalizie commoventi.
Una corretta informazione ci permetterebbe almeno di compiere il primo passo, forse il più difficile: trovare il coraggio per soffermarsi su questa dura realtà, per crescere coscienti del peso della quotidiana sofferenza umana e, di conseguenza, avere almeno un sentimento di gratitudine per quanto abbiamo. È il primo passo per una sana educazione alla solidarietà.

I dati dell'infezione: la strage è in Africa


Le ultime cifre pubblicate dall'OMS e dall'UNAIDS (www.unaids.org/), il programma dell'ONU per far fronte all'epidemia di AIDS, parlano chiaro. C'è una netta progressione dell'epidemia nei paesi poveri. Nel mondo ogni cinque secondi si registra una nuova infezione da HIV. Anche oggi 16'000 persone contrarranno il virus dell'AIDS, che si aggiungeranno ai 47,5 milioni di persone già contagiate dal virus. Di queste 14 milioni sono già morte, lasciando 8 milioni di orfani.
Attualmente l'AIDS è ancora agli ultimi posti nella classifica delle prime dieci cause di mortalità nel mondo, tra pochi anni l'esplosione dell'epidemia farà balzare l'AIDS ai primissimi posti di questa triste graduatoria.
Durante il 1998, il 90-95% delle infezioni è avvenuto nei Paesi in via di sviluppo. A titolo di paragone le infezioni registrate durante il 1998 nell'Europa occidentale o l'America del Nord rappresentano rispettivamente lo 0,5% e lo 0,76% delle infezioni mondiali (il dato globale per il 1998 è di 30'000 nuove infezioni per l'Europa occidentale, 44'000 per l'America del Nord, mentre nell'Africa sub-sahariana si sono registrati 4 milioni di nuovo contagi e altri 1,2 milioni nell'Asia del sud e del Sud-est).
L'Africa è il continente più colpito. In totale dall'inizio dell'epidemia l'83% dei decessi dovuti all'AIDS è avvenuto nell'Africa a sud del Sahara, anche se solo un decimo della popolazione mondiale vive in questa regione. Il numero di africani toccati dall'epidemia è enorme. Si stima che 34 milioni di persone sono state infettate dal virus HIV dall'inizio dell'epidemia, e ogni giorno in questo continente sono celebrati 5500 funerali per decessi dovuti all'AIDS. Nell'Africa vivono i quattro quinti delle donne sieropositive del pianeta, rendendo il numero di contagi madre-figlio molto elevato: circa il 90% dei bambini infettati dal virus HIV vivono in Africa. Anche le giovani tra i 14 e 19 anni sono duramente colpite. Uno studio in Africa del Sud, svolto presso delle adolescenti incinte, ha mostrato che il 13% delle ragazze erano sieropositive.
Tutti i paesi africani sono colpiti dall'epidemia ma alcuni lo sono più duramente. Nel Botswana, in Namibia, in Swaziland e nello Zimbabwe si stima che il 20-26% degli adulti vivono con il virus HIV! A Mutare, nello Zimbabwe uno studio ha dimostrato che più del 40% delle donne incinte sono state infettate dal virus HIV.
La situazione è talmente grave che nei paesi più colpiti la speranza di vita, che era andata aumentando negli ultimi decenni, è ora in netta diminuzione: un bambino che nascerà tra il 2000 e il 2005 vedrà ridursi la sua speranza di vita a 43 anni invece dei 60 anni che aveva a disposizione se non ci fosse stata l'epidemia di AIDS. Il tasso di mortalità infantile sta invece aumentando: più di mezzo milione di bambini africani, infettati durante la gravidanza, il parto o l'allattamento, sono morti durante il solo 1998.


Il buono. il povero e la TV


È il paradosso del nostro pianeta. È il paradosso racchiuso in ognuno di noi. Di fame e malattie curabili muoiono ogni giorno decine di migliaia di bambini. Lo scordiamo volentieri e anche quando il telegiornale ci propone il solito servizio sui bambini africani denutriti e malati non capiamo come sia possibile. "È lo stesso servizio passato l'anno scorso, possibile che non riescono risolvere questa situazione?"
Ci commuoviamo invece e mettiamo mano al borsello se lo stesso canale televisivo ci propone una non stop di 24 ore sulle rare malattie genetiche oppure se scopertine/copriamo che la Svizzera, il paese più ricco del mondo, è abitato da poveri. L'informazione può farci credere di tutto, anche che il problema più grave del nostro pianeta sia quello della povertà in Svizzera.
Tutto questo avviene senza che vi siano progetti machiavellici per tentare di alterare l'informazione. Nessuno sta volutamente censurando la realtà a tavolino, nessuno ha premeditato di immergerci in un Truman Show. Si tratta solo di "abili forzature e di dosati silenzi" -come li definisce Giovanni Paolo II- dettati dalle leggi del mercato dell'informazione. Il bambino nero, malato e denutrito non fa audience, non vende più come una volta, quindi non esiste. Uno svizzero povero è molto più sorprendente, piace anche alle testate giornalistiche estere.
E in questa dinamica anche la nostra bontà obbedisce alle leggi televisive. Fateci vedere qualcosa di toccante, di nuovo, magari un barbone vero ticinese, un Bernasconi costretto a vivere frugando proprio nel cestino dove ieri ho gettato un torsolo di mela un po' abbondante. Sicuramente la nostra bontà scatterà, ci sarà un'emissione speciale alla TV durante la quale si organizzerà una gara di "solidarietà" e si potranno portare copertine/coperte, vestiti e mobili per il barbone. Un modo elegante per liberarci del nostro superfluo senza aspettare il giorno degli ingombranti … e lo spettacolo va avanti, mentre noi crediamo di essere tutti più buoni.